Ciao a tutti, questo è un post anomalo. L'ultimo di questo mio viaggio australiano tra il 2012 e il 2013. Non ho molto da dire. Non trovo le parole, le connessioni, le espressioni da utilizzare per riuscire a districare quel groviglio di emozioni, pensieri, visioni, palpitazioni, tremiti, che mi circondano, attraversano e non mi lasciano in pace.
Il cervello continua a fare a gara con il muscolo cardiaco e mischia tutto quanto in un gigantesco fuoco pirotecnico. Sprazzi di luce, boati assordanti, abbagliano e poi stordiscono ogni mio senso.
Ho attraversato i Bass Strait insieme ad Angela. Siamo sbarcati sani e salvi in Tasmania ancora una volta. Pochi giorni e lascerò questa parte del mondo per fare ritorno a casa, dopo un anno di viaggio. Ho poco tempo e mi dirigo in un posto speciale, unico. Un luogo che mi ha affascinato, non solo per la natura selvaggia, che abbonda un poco ovunque in questo continente, ma per il fatto che tutte le volte che ci sono stato il mare era una tavola, quasi un lago. Raro per l'Australia, anche l'assenza di vento. Se altri luoghi del Down Under mi hanno incantato e scatenato profondamente, accelerandomi i battiti e aumentando la pressione. Se buona parte delle avventure che ho vissuto in alcuni posti mi hanno lasciato senza parole perché sembravano incredibili, questo luogo mi incanta, perché sembra assolutamente perfetto da risultare finto. Tanto finto da essere perfettamente reale.
Questo luogo mi rilassa e mi da un senso di magia unico. Mi riempio di energia e di salsedine. I pochi neuroni rimasti viaggiano a macinare i ricordi, le emozioni i sogni e le speranze. Cammino su questa spiaggia deserta e i fotogrammi della mia vita si mescolano al sapore del caffè che mi è rimasto attaccato al palato.
Ho ancora TEMPO qualche ora per essere qui e chissà se ci sarà ancora (un) TEMPO per qualcosa di altro o per quello che passa in modo forsennato nella mia mente. Mi siedo su una roccia a guardare questo spettacolo e penso che semmai ci sarà un TEMPO sarà fantastico perché lo sto già sognando e come sempre i sogni vanno sempre rincorsi. I sogni sono la linfa per la nostra anima e vanno oltre ogni TEMPO, oltre ogni luogo e oltre noi stessi.
Salve a tutti, eccomi di nuovo qui, dopo tanto tempo a concludere con alcuni post il mio racconto di viaggio australiano. Questo è il primo, il più corposo. Non ho ancora capito se questo mio walkabout sia finito, sia mai iniziato o stia facendo un giro di boa.
Classificare le cose, imbrigliarle in una lista non fa per me. Limita i possibili orizzonti, fa morire i sogni, non lascia spazio al nuovo, al diverso. Sostituisce una presunta sicurezza a quello che non si comprende, per semplice conformismo bigotto. Una semplificazione delle cose, della vita, delle persone che crea replicanti, riproducibili con lo stampino, dalle idee limitate a una focale fissa.
Questa è la cronaca, quello che è passato attraverso il mio corpo che insieme a tante avventure, emozioni vissute in Australia, mi ha trasformato in quello che oggi sono. Un continuo divenire, per mia fortuna, perché il ritenere che tutto sia immobile, immutato è falso. Contrapposto con l'unica cosa immutabile che esiste al mondo, lo scorrere del tempo.
Sono ad Albany, Western Australia e mi devo muovere verso est a Melbourne, Victoria. Sono, a spanne, oltre 4000 km e non posso mancare all'appuntamento. Ho un traghetto su cui devo caricare l'auto, qualche check-in a cui presentare un borsone sbiadito ricoperto di impalpabile terra rossa. Diversi aerei su cui salire, frontiere che vedranno il mio passaporto sgualcito con le carte segnate da gore di umidità e, il visto, in scadenza.
Ho qualche mano da stringere, degli occhi da incrociare, degli abbracci da accogliere con tra i miei, mentre cercherò di trattenere le lacrime.
Mi parte una certa dose di malinconia e scariche di malcelata ansia, che mi arrivano diritte dalla bocca dello stomaco. Queste aree sono selvagge e strepitose. Le conosco bene e il rischio di avere un break-down, mi metterebbe veramente nei guai. Ho una manciata di giorni per farlo. Mi riprometto di rischiare il meno possibile anche se so che non andrà così. Scegliere tra i luoghi della mia memoria diventa una impresa titanica.
La primavera è imprevedibile. Le giornate possono aprirsi con un bel sole ma volgere in temporali improvvisi che evocano alluvioni di apocalittica memoria. Le tracce di sabbia e terra si trasformano in pantano viscido e insidioso. Piantarsi o andare a sbattere da qualche parte non è improbabile. Le notti sono ancora gelide e devo sempre accendere un fuoco per scaldarmi prima di infilarmi nel sacco a pelo, che da tempo non garantisce più il confort promesso dall'etichetta. Sono molto provato, fisicamente stanco, tirato, sereno, appagato ma non sazio. Percorro queste terre con gli occhi e nei colori della memoria, ma li annuso e mi faccio sbalordire da sfumature diverse, cromatismi nascosti nelle pieghe di un paesaggio così vario e stupefacente che mi scuote profondamente fino a farmi tremare. Riavvolgo i miei ricordi e li vivo ancora più intensi di un tempo. Rinasco e rivivo nell'abbraccio caldo, selvaggio, sferzante e gelido di una natura che ha la brutalità e la dolcezza della vita. Il vento fresco, carico di salsedine e umidiccio si appiccica ovunque, mentre struscia sul ventre tiepido e palpitante di questa terra antica come il mondo.
Mi faccio accarezzare dalla brezza del mare. Mi infilo su tracce strettissime e impegnative. Gratto l'auto e la mia anima su ogni ramo, roccia, dentro ogni pozzanghera. Rimuovo ogni residuo tossico e raccolgo gli ultimi effluvi di un veleno che mi girava da tempo nelle viscere. L'ultimo. Acido, viscido, appiccicoso bolo caldo. Lo faccio salire nel palato e lo sputo. Più facile di quello che pensavo.
Cammino su spiagge deserte. Mi tuffo in questo Oceano assaporando, attraverso ogni mia singola cellula, tutto questo meraviglioso mondo. Mi rendo conto che vorrei fermarmi qui per sempre. Sono nel mezzo dell'infinito e lontano da ogni cosa ma, mi sento, nel centro di tutto. Paradossalmente sono vicino a tutto quello che amo. Vivo questi giorni come una storia infinita. D'amore. La più bella storia d'Amore che abbia mai vissuto. Mi fondo in tutto questo e divento parte di questi luoghi. Mi sento stordito da queste profonde, inaspettate emozioni. Il riso e le lacrime si mischiano insieme in un sentimento che non so bene come descrivere. Come raramente nella mia vita, mi sento libero. Libero di vivere la vita e permettere che la vita mi attraversi vivendomi. Libero di essere ciò che voglio, ciò che sono, senza etichette, senza formalismi che più di piccola borghese memoria, puzzano di stantio e di marcia ipocrisia. Libero di tornare e, un giorno, ripartire ancora, per tornare o per fermarmi. Senza una spiegazione, senza un motivo. Come se questi fossero necessari a spiegare e giustificare l'infinito dell'orizzonte, la profondità del mare e il susseguirsi rincorrersi delle onde sulla battigia. Come se fosse spiegabile l'azzurro opale di questo cielo, il perenne vento e la luce di un miliardo e più di stelle.
Come si potesse spiegare l'animo umano. Follia e cruccio di uno scienziato o di chi l'animo lo vede al pari di un ingranaggio meccanico.
La vita mi sembra altro. Lo standard e il senso comune mi infastidisce, mi appare come un marketing rassicurante di un qualche pubblicitario che ti vuole rifilare un prodotto che non ti serve e produrrà una lobotomia terapeutica oltre che a una dipendenza ansiogena cronica.
In effetti mi rendo conto di aver eliminato dal mio vocabolario tutta quelle serie di domande che iniziavano con l'avverbio -perché?- trovando più sensato farmene altre con -quando?-.
Ogni giorno sto assaporando e scoprendo qualcosa che no so che cosa sia. Non mi interessa sapere che è, mi basta esserci. Mi lascio strapazzare da questo orgasmo cosmico e basta. Ogni giorno.
Il domani non ha nemmeno motivo di esistere e la vita è di una chiara e maledetta semplicità. Non sono su un'altro pianeta, sono in un'altra dimensione.
Mi metto a camminare su una spiaggia "senza nome" e mi immergo per raccogliere la cena di stasera, mentre il sole sta lanciando i suoi ultimi raggi su questo piccolo pianeta. Il vento mi sferza insieme ai granelli di sabbia, incessantemente. Ho tutto quello che mi basta. Tutto quello che sempre mi hanno detto, non era sufficiente. Ancora per un giorno. Per questo giorno o forse per il giorno che deve venire. Mi asciugo velocemente, raccolgo la mia attrezzatura sub, infilo la protesi e risalgo la scarpata verso l'auto con due manciate di patelle. Buone per farci il sugo, ma buone anche così, crude. La metà non arriverà in cima dove, fra poco, nel piccolo pentolino insieme a riso, pomodoro e un filo d'olio diventeranno la mia cena.
Accendo il fuoco, sollevo il portellone dell'auto per preparare velocemente la mia cena, mentre le fiamme prendono forma nella penombra del tramonto. Apro la tenda e metto su l'acqua. Distrattamente accendo l'ipod per sentire un poco di musica.
Una canzone mi sorprende all'improvviso. Scritta nell'anno in cui sono venuto al mondo e reinterpretata da tanti artisti negli anni a venire. Questa versione di Michael Bublé è veramente ammagliante, suadente e mi avvolge dolcemente sotto il luccichio di miliardi di piccole luci tremolanti che spuntano dal nero pece del cielo come d'incanto. La visuale è da mozzare il fiato. Lo screpitio del fuoco spezza di tanto in tanto il rumore delle onde del mare che si infrangono sulla spiaggia e la massicciata poco distante. Il vento comincia a calare e l'aria diventa più fina, quasi come per svegliarmi, smuoverti da questo incanto. Continuo velocemente a trangugiare il mio riso alle patelle e un rumore nel sottobosco mi fa girare la testa. Un paio di wallaby sono spuntati dal nulla e si sono piazzati a pochi metri da me. Una madre con il suo piccolo. Sono titubanti, indecisi. Si protendono sulle zampe posteriori in modo goffo e fiutano l'aria davanti a loro. Li guardo. Mi guardano. Guardo il fondo del pentolino con una cucchiaiata di riso rimasta. La raccolgo con cura e la lancio nella loro direzione. Non si muovono. Mi alzo e vado a pulire le stoviglie molto sommariamente, velocemente. I wallaby sono spariti e con loro anche il riso. Metto su la moka del caffé. Pochi minuti e un borbottio mi scuote. Buono il caffé. Mi accendo una paglia mentre sorseggio il caldo estratto nero. Respiro e sorrido come un bambino. La musica è ancora lì. Ho messo il "repeat", la riproduzione sempre dello stesso pezzo. Fantastico. Giro su me stesso, lentamente, le braccia aperte, lentissimamente. Non riesco a trattenere le piccole righe calde, salate che scendono sulle mie guance….cazzo!
Birds flying high You know how I feel Sun in the sky You know how I feel Breeze drifting on by You know how I feel It's a new dawn It's a new day It's a new life For me And I'm feeling good
Fish in the sea You know how I feel...
Sleep in peace when the day is done, that's what I mean And this old world is a new world…
Stars when you shine You know how I feel…
And I'm feeling good…
Notte mondo. Notte Vita mia. Non so che dire. Che devo dire se non questo. I'm feeling good…and it's beautiful.
Western Australia...what's else?
Welcome to Cocklebiddy!
"Proudly Australian"!
90 Mile Straight...
Funny road sign!
Fitzgerald River National Park
Hamersley Beach
Inlet
East Mylies Beach
Barrens Beach
Hopetoun Town
2 Mile Beach
13 Mile Beach
Flood Damage Ahead
Spring Time!
dusty red road
Such is life!
Stokes National Park
Skippy Point
on the road
Welcome to Esperance!
Cape Le Grand National Park
Lucky Bay
Hellfire Beach
Things and vision
Meetings!
traveling at sunset
Welcome to South Australia!
Great Australian Bight Marine Park
to Fowlers Bay Area
Wandilla Beach
the bay west of Wandilla Beach
Mexican Hut Beach
under the moonlight
midnight
to Flowers Bay
tracks
Flowers Bay Area
to Penong
Penong Town
to Cactus Beach
salt pink lake
Point Sinclair
(Port Le Hunt Jetty)
Cactus Beach Spot Area
Wittelbee Conservation Park
nothing is obvious
Streaky Bay Area
Speeds Point
High Cliff
The Granites
Fisherman Paradise Area
Streaky Bay Town
Calca Church
Point Labatt
(one of the largest Australian mainland breeding sites for Australian sea lions)