Ci sono due soli modi di conoscere le cose.

Farsele raccontare oppure farle.

Un poco come la vita.

Viverla o farla vivere agli altri.

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venerdì 13 novembre 2009

ALCUNI RACCONTI

Cosa c’è di nuovo dall’altra parte del mondo


“Floodway”


Nel Western Australia e nei Northern Territory nei mesi di febbraio e marzo le nuvole nel cielo sono gocce d’acquerello che si stemperano in piogge torrenziali appena la depressione le lambisce.

E’ quella che gli australiani chiamano la “Wet Season”, la stagione delle piogge.

I torrenti secchi e senza argini raccolgono da bacini orografici enormi la provvista d’acqua che il ciclone distribuisce un po’ ovunque nel suo percorso da Nord a Sud.

Se vi capita di percorrere l’Highway n.1, la più importante autostrada che costeggia tutto il continente australiano, poco più grande di una nostra strada provinciale e ad una sola corsia per senso di marcia; ovviamente non a pagamento, comincerete allora a prestare attenzione non solo alle stazioni di servizio, ai moderni avamposti dove potete trovare acqua e benzina, a distanze comprese a volte tra I 200 e 300 km, ma anche ai cartelli che vi informano delle inondazioni stradali, le “Floodway”, poste ai margini della strada.

Il segnale stradale non è differente nella forma dallo standard Aussie: fondo giallo bordato nero, quadrante con i bordi smussati. Tanti sono i segnali stradali quanti sono i bisogni ed i pericoli delle comunità attraversate dalle strade. Dei più recenti ricordo, attenti al canguro, bestiame in transito, bestiame non recintato, cammelli selvaggi, serpenti. Si può sorridere, ma al tramonto i canguri, sia quelli rossi, alti oltre i 2 metri che i Wallaby micro canguri alti poco più di un cane escono a godersi la frescura e brucano l’erba ai cigli delle strade.

Poco importa per i camion australiani, a 3 rimorchi e lunghi fino a 54 metri, ma non per voi viaggiatori normali delle 4 ruote.

Più volte frenerete per evitare i salti dei canguri e spesso rallenterete per le vacche che vi intralciano, se poi un toro occupa la strada attenderete che si sposti.

Serpenti e rettili, le lucertole corridori con le zampe posteriori ed il busto eretto, che si scaldano sul bitume del manto stradale incerte sulla direzione, non fanno paura e sono le vittime innocenti. Tenetene il conto, ma attenti al serpente, se la ruota non lo attraversa nel mezzo, non avvicinatevi per fotografarlo! Noi per ora a monito e per ingraziarci la benevolenza dei lari animali abbiamo ricordato tutti gli animaletti non evitati, incidentalmente incontrati, e per certo defunti sulla nostra strada; appiccicando la loro foto nell'aletta parasole: il pappagallo galah di colore rosa e grigio, molto comune ma con il difetto di grattare il suolo in cerca di semi ai bordi delle strade; il clamidosauro, la lucertola più famosa del continente, finita pure sulle monete ormai fuori corso, che ha la caratteristica di aprire un ventaglio rosso attorno al collo per dissuadere gli assalitori (cioè la nostra ruota anteriore sinistra); una civetta mimetizzata perfettamente sulla striscia bianca di mezzeria di cui ricordiamo un’ala spuntare all’improvviso sul parabrezza; molteplici ranocchi verde smeraldo, alcuni rospi formato ciambella e svariati insetti fra cui uno sciame di cavallette giganti e libellule.


Strada inondata, viaggio rallentato e attese. Il torrente dal nome sconosciuto diventa un fiume in piena, un po’ come il Secchia ed il Panaro. Ed i nomi sono veramente evocativi: il Lost Creek non ha un nome casuale, proprio non si trova. Per 7 giorni il livello delle acque era superiore al m.1.8 rimangiando altre 200 m di autostrada. Acqua vorticosa e veloce, acqua di piena ed inondazione di colore ocra e terra di Siena, calda e pulita.

In piedi e’ difficile attraversarla, la corrente e’ forte. L’attesa ai torrenti ingrossati forma lunghe code tra I viaggiatori della Wet Season e scommesse su quando si potrà passare. Ciabattare alcuni metri lungo la strada inondata per controllare il livello della floodway è un pretesto per rinfrescarsi, quando ci sono pur sempre 36 gradi all’ombra e umidità tropicale.

Il pericolo e’ sempre presente e l’inesperienza e le disattenzioni sono fatali. La mattina del 7 marzo, dopo aver raggiunto l’Ord River, un uomo e’ stato trascinato per oltre 200 yards nel tentativo di salvare il cane. La polizia locale, ritrovatolo morto nel pomeriggio, ha commentato l’accaduto a beneficio di tutti: “Nel 99% dei casi un cane si ritrova sempre vivo poco più a valle, quasi mai chi lo volesse seguire per salvarlo!”.

I residenti locali sono fatti cosi’, per loro la Wet Season è un momento anche di divertimento, infatti tutti I giornali che qui sono gazzette cittadine con non più di 2000-3000 lettori hanno lanciato il concorso fotografico a premio “L’auto più inondata”.

I locali sono e si sentono ancora pionieri con un cuore selvaggio, loro non si sognerebbero di buttarsi in un river per un cane e per tanto non piangeranno mai un compagno, un good fellow, non era uno di loro.

Quando si aspetta alle floodway si incontrano persone e si parla del viaggio, ma questa e’ un’altra storia.



“Spiagge”


Possibile non ci sia mai nessuno! Guardavo la cartina geografica e contemporaneamente osservavo la spiaggia di sabbia finissima; l'infinito a perdita d'occhio ovunque mi girassi. Sabbia, mare e cielo, null'altro. Eight Mile Beach, tra Port Hedland e Broome, Western Australia, un nome appropriato, oltre 100 chilometri di spiaggia continua assolutamente incontaminata, colore bianco accecante. Ed alle spalle solo il Great Sandy Desert, il grande deserto sabbioso con i suoi laghi salati asciutti. Non c'era anima viva, come al solito. Si può camminare per chilometri e sentire lo “sguish” che fa la sabbia sotto le palme dei piedi, tanto e’ fine l’arena, accompagnato dal rumore del mare in lontananza e del vento, l’onnipresente vento australiano.

Le spiagge sono tantissime in Australia, impossibile contarle. Migliaia di spiagge, minuscole o infinite. Alcune riparate dalla furia dei marosi e celate in spaccature profonde di alte scogliere; altre sfrontatamente affacciate sull'Oceano che le sferza di continuo con onde gigantesche. Le puoi scegliere, trovare quella che fa al caso tuo. Le spiagge hanno nomi evocativi, basta leggere il nome sulla mappa per capire cosa ti celano, oppure giocare la sorte e svoltare alla prima traversa sterrata che incontri sulla HWY 1, la strada che costeggia tutto il continente australiano.

Pebble Beach, vicino a Exmouth, Western Australia, fatta di ciottoli rossi, gialli e bianchi levigatissimi e sferici. Turquoise Beach, poco più a sud, con sabbia finissima corallina, la cui laguna e' spesso visitata dagli squali. Pot Alley Beach, nel Kalbarri, dove incastrata in una gola di roccia granitica rosso fuoco alta quasi 100 metri si apre una caletta formata esclusivamente di cristalli di quarzo trasparenti che creano giochi di luce fantastici. Un caleidoscopio naturale. Oppure a Nickol Bay, vicino a Dampier dove la marea di oltre 4 metri scopre chilometri di bagnasciuga che riflettono come uno specchio la luna e le stelle che si rincorrono nel cielo terso della notte australe. Ami le conchiglie? Shell Beach nella Shark Bay fa al caso tuo: e' formata esclusivamente da minuscole conchiglie di un'unica specie. Sono piccolissime e bianchissime. Da migliaia di anni si sono accumulate solamente qui, talmente compatte in alcuni punti da venire utilizzate per la costruzione delle abitazioni.

Cactus Beach, vicino a Ceduna in South Australia e' una delle mecche dei surfisti e li’ la forza delle onde e del vento hanno costruito e modellato dune bianchissime alte 40/60 metri; come se la natura avesse creato un piccolo deserto in miniatura. Difficile ricordarle tutte, bellissime e ognuna unica, irripetibile.

C’è caldo, 38 gradi sono tanti e mi fermo per bere un sorso d'acqua. Guardo ancora la linea gialla della spiaggia che si fonde all'orizzonte con il blu cobalto del mare e l'azzurro del cielo; qualcosa la interrompe, non vedo bene, c’è riverbero. Avvicino la mano agli occhi, si c’è del fumo, forse un fuoco! Cammino piano e più chiaramente distinguo, avvicinandomi, due aborigeni. Hanno pescato alcuni “blue crabs”, granchi blu enormi e se li stanno cuocendo sulle braci profumate di eucalipto. Un sorriso, un saluto, un semplice gesto di invito. Oggi si mangiano frutti di mare freschi.



“Japanese cowboy”


Il cielo e’ capovolto da questa parte del mondo, il Down Under.

Anche le stelle, quelle che conosciamo nelle disposizioni delle figure astrali mi sembrano un po’ fuori posto, ma, grandi e luminose.

Da quanto tempo non vi capita di guardare solo la notte che vi avvolge senza che questa sia catturata ed infastidita da altre sorgenti luminose? Da quanto non attendete con trepidazione il tramonto per sentirvi circondati dal buio? Riconoscere i rumori della notte e vedere solo l’orizzonte che si perde fa ancora ritrovare il conforto della natura e aiuta a ripensare, allontanando il tempo, a quanto c’è accaduto.

Perché’ rimanere confinati al chiuso delle nostre case quando fuori c'è tutto lo spazio notturno? E’ alla luce della luna che scrivo, una luna che irradia a circoli concentrici come un gufo, i suoi raggi, che posso perfino percepire il verde degli alberi e il rosso della terra. Lo spazio, il viaggio.

Ero fermo alla floodway dell’Ord River e dietro di me il rumore del motore. Ci siamo allora incontrati e pioveva a dirotto. La “car” una Toyota Celica del ’76 colore carta da zucchero schiarita dal sole, targa “Queensland Sunshine State”. Sul sedile posteriore, una chitarra in fodero nero a scritta rossa “made in Japan!” Scese; un granchio abbronzato dalle gambe storte. Canottiera bianca dei Giochi Olimpici di Sidney, brachette corte blu elettrico della nazionale brasiliana ed infradito azzurre. Capelli neri ed occhi socchiusi curiosi.

”Hi! Da dove vieni, tutto bene?”

“Sono giapponese, tutto bene”

“Ma ti piacciono I cappelli da cowboy?”

“Si, io sono un cowboy”

“Ma tu sei un giapponese!”

“Si, io sono un vero Japanese cowboy”

Era di Tokyo e lavorava come addetto della sicurezza dell’aeroporto internazionale.

“Sai in Giappone si lavora dalle 8 del mattino alle 9 di sera, ma poi si esce con il capo fino a mezzanotte e si beve. Non rimane molto tempo per se stessi. Penso che I Giapponesi siano un po’ tutti matti. Non ho casa, mi sono licenziato e 9 mesi fa sono partito da Cairns e vi sto’ tornando.”

“Sei italiano!….WOW!! Sai il mio sport preferito è il calcio, sai che in Giappone posso vedere solo brevi spezzoni del campionato italiano”

Potenza trasversale del calcio!

“Tifo per il Milan, WOW!! Anche tu! Ed il mio giocatore preferito è Leonardo, come il tuo nome!”

La macchina era stipata all’inverosimile; 50 litri di acqua potabile e 50 litri di benzina in svariate taniche.

“E’ meglio essere prudenti, serve per le emergenze!”

“WOW!! “ dico io”, ma non sarà un po’ pericoloso, ci sono 38 gradi all’ombra e buche sulla strada?!?”

Sul sedile a fianco cracker ed una pila di cappelli, solo cappelli da cowboy, naturalmente.

Attraversare l’Ord River non è stato semplice. In generale se ci sono 50cm d’acqua con corrente, la macchina può essere trascinata e rotolata a valle oppure il motore può spegnersi…ed è ancora peggio.

“Proviamo a passare...Eh cowboy?”

E lui ride, ci sta’ ancora pensando e fa “MHMMM” dal fondo dello stomaco, come solo i giapponesi sono capaci.

”Dai apro la strada io a rompere l’acqua, tu mi segui vicino e se passiamo ti offro un vero caffè italiano”

“MHMMM, OK! Accetto il caffè!”

Partiamo piano; ingrano la prima marcia, l’acqua aumenta, lo sterzo è sempre più pesante e contro sterzo controcorrente.

“Ma dove sei?”

Jap cowboy, lo vedo lontano, ma devo pensare a me stesso, devo passare. Ce l’ho fatta.

Mi fermo.

E’ a meta del guado, nel punto peggiore, è lento.

“Dai accelera, non far morire il motore”

E’ lento. La macchina carta da zucchero ha il cofano sommerso dall’acqua, ma avanza. Ancora pochi metri e anche lui è al sicuro.

“Buono il caffè!”

C’è il tempo per ridere ed una foto veloce che, “Ciao”, ci salutiamo.

Riprende a scrosciare il temporale dei tropici.

Forse c’incontreremo ancora prima di Cairns, c’è solo la Highway n.1, difficile perdersi.

Riparto, il puntino carta da zucchero nello specchietto retrovisore è sempre più indistinto. Poco importa dove sia ora, sicuramente anche lui questa notte dormirà in macchina sotto il chiarore della luna.

Viaggiatori, chissà perché, sono strana gente!

All MAN CHOSE the PATH they WALK (The Tracker, 2002)



L'Australia mi chiama. Questo grande continente, dall'altra parte del mondo dove già un paio di volte sono stato, mi sussurra...mi tenta e mi entra piano piano nelle carni, nell'animo.

Porto sempre pochi ciondoli addosso. Anzi sempre quelli. Uno di questi è una pietra con un foro, di colore ocra. Viene da Pebble Beach, Western Australia. L'avevo messa per ricordarmi che dovevo tornare. Forse è venuto il momento.

Questi spazi incontaminati di terra rossa, di vento perenne e di arsura che scava nella pelle e giù fino nell'anima mi attirano. Le spiagge sterminate il mare calmo e caldo o gli spruzzi alti sulle scogliere con il rombo della risacca. Le stelle che riempiono il cielo e illuminano a giorno, come in nessun altro posto. Il senso di sacralità della terra e della nostra piccola anima. Forse è una scusa. Un richiamo, maledetto ed assassino che porta all'oblio o alla redenzione. In Australia si ci può ritrovare o perdere, come tanti posti che ho visitato, che a ben vedere, alla fine sono sempre stati delle isole. Nosy Bé, Roatan, le Maldive e tante altre. Tutte isole. Isole, già!

Come ognuno di noi, un piccolo universo, isolato e chiuso. Circoscritto per lo meno. La terra infine e anche noi stessi lo siamo, circondati da questa sottile pellicola di aria che ci permette di respirare e sopravvivere. Illusi spesso, per via delle nostre limitazioni, di essere in uno spazio sconfinato. Spesso i nostri sensi e le nostre abitudini o meglio il nostro "standard" dimensionale, che per forza diventa l'unità di misura delle cose...si misura in metri in km o miglia marine se siamo in mare. Ridicolo! Piccole schegge impazzite nell'immenso e spesso ci sentiamo grandi! Ma ci aggrappiamo a qualsiasi cosa nel momento che sorvoliamo oltre il nostro piccolo "universo abituale"....buffo no! Ma quasi non ce ne accorgiamo, noi privilegiati, ricchi e spensierati ma circondati da una immensità di oggetti, da noi costruiti, necessari per la nostra beatiduine, ma che ci bloccano la vista, l'orizzonte! Criceti in gabbia e pure felici di girare nella nostra ruota...e in ansia di fronte al mare che monta, sbalorditi di vedere un cielo stellato! Oggetti e strumenti di noi stessi. Completamente inebetiti e inconsapevoli di dove siamo. Meglio, limitati da quello che ci circonda, nonostante che tutto ormai con la tecnologia o le informazioni ci sia noto...appagati da emozioni virtuali, senza nemmeno avere il sospetto che il viverle sia qualcosa di completamente diverso...naufraghi di noi stessi e nemmeno consapevoli. Crediamo che tutto sia scoperto, accessibile e non ci rendiamo conto che non è vero...il viaggio vero è esserci...annusare, leccare, vedere, respirare, soffrire e gioire...anime morte e dannate!


Isole dove una moltitudine di naufraghi si ritrova. Si annusa e si sperde di nuovo verso il nulla, verso un nuovo approdo, una nuova isola. Dove riposare, rifocillarsi, pensare e ripartire dopo poco...oppure fermarsi per sempre.

Le altre volte però avevo sempre un progetto o per lo meno un obiettivo, seppur semplice. Il lavoro o il viaggio teso alla scoperta. Oggi invece non so che andrò a fare. Non so cosa scoprirò di nuovo o, buffo, di già conosciuto, chi può dirlo. C'è qualcosa là però che devo trovare, cercare o forse sarò come un cliente di un supermercato che ha spuntato tutta la lista della spesa, gironzola tra gli scaffali con aria annoiata ma anche curiosa. Dinoccolato ma pronto a farsi cogliere dalla sorpresa dell'imprevisto, dell'inaspettato.


Ammagliato da quello che la tua retina vede per la prima volta, non attraverso una foto o un video. Cose che non puoi solo vedere, ma annusare, gustare con la lingua, assorbire con la pelle e con il respiro. Una goccia di sudore che ti scorre lungo la schiena e il tuo respiro che rimbalza sui colpi del tuo cuore e la luce che riempie spazi infiniti e inspiegabili per tua mente. Troppo forte anche per te.


Il viaggiare non è un semplice e breve spostamento fisico del nostro corpo da un punto all'altro.


Viaggiare è amare.


Viaggiare è la linfa dell'anima.



Tanti capitoli chiusi, come quelli semplici della vita di ognuno di noi. Piccoli obiettivi raggiunti che hanno fatto il loro tempo e "sono" nel loro spazio ormai passato. Lo studio, una famiglia, un lavoro e un altro ancora...ora invece?

Beh, chi di voi sa che si deve fare da grande me lo dica! Soprattutto dove! Io sto ancora cercando, e zoppicando, saltando o forse meglio, avendo la fortuna di avere "una gamba in più" sulla terra ferma e "una in meno sott'acqua", esploro il limite del mio animo e del mio universo. Qualsiasi cosa sia...io ci sarò. Ci sono e il mio sorriso, i miei occhi, sono lì...e magari potrebbero essere una estensione anche dei vostri...